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Un
rapporto di coppia non termina quasi mai consensualmente.
Ci sarà sempre chi, per coraggio o disperazione decide per entrambi e
chi invece, colpevolmente impreparato, rincorre il passato, setacciando
nelle sue strettoie in cerca del perchè di quell’epilogo.
Spesso è proprio questa risposta a mancare, forse perchè non la
vogliamo
trovare, altre volte non la vogliamo vedere.
Succede che tali “socchiusi” amplifichino tratti non integrati della
nostra personalità
per i quali ci sorprendiamo improvvisamente ossessivi, rabbiosi e
vendicativi. Questi divengono pericolosi testimoni di uno sporgersi
eccessivo verso le colpe altrui mancando il proprio viaggio interiore.
Ramon (Marco Aceti) tiene sequestrata in un appartamento la sua ex
moglie Laura (Sara Colelli), di professione psicologa, con l’intento
dichiarato di ucciderla, non senza averla prima sottilmente seviziata
con giochi enigmistici, ricatti e recitando il ruolo dello psicopatico
compiaciuto dei suoi delitti.
Sullo sfondo una questione rimasta aperta: il motivo che ha spinto lei
a divorziare e il perchè di tante
orribili falsità raccontate al giudice.
Lui è una personalità ancora immatura ed acerba incapace di
metabolizzare la realtà, agisce secondo
una modalità improntata sul tutto o nulla rispondendo con rabbia
distruttiva ad un mondo che non va nella direzione voluta.
Esemplificativa è la richiesta di rapporto sessuale che lui rivolge
alla sua ex appena realizza l’impossibilità di un riavvicinamento. Tale
desiderio riflette di fatto un disperato e primitivo tentativo di
possedere Laura almeno carnalmente nell’immediatezza della pulsione,
assecondando e sublimando la sua pericolosa aggressività.
Anche Laura, inizialmente apparsa unicamente vittima, denuncia, con lo
sviluppo
della vicenda, gravi falle relazionali, avendo mancato di fatto
l’autenticità dell’incontro. Infatti, durante gli anni di matrimonio,
lei ha rinunciato a “vedere” il marito, stagliandosi e agendo invece
sull’immagine di questi dipinta dalla madre di lui, mentalmente
instabile, costruendosi così un’idea di Ramon filtrata da occhi diversi
dai suoi.
Sullo sfondo preme quindi la storia di un contatto mancato,
in cui entrambi gli ex partner hanno evitato di entrare in gioco. Forse
proprio ora, nella situazione più estrema e disperata, i due riescono
per la prima volta a raccontarsi autenticamente. Tuttavia, la mancata
accettazione della fine della loro storia, amplifica in Ramon
l’ideazione incontrollabile di vendetta.
Di livello è apparsa l’impronta registica di Roberto Belli che ha
“contrastato” la staticità
di una scenografia invariata, rappresentante un ambiente unico,
attraverso una diversificazione degli accenti e intonazioni della
parola, a volte urlata e disperata, altre sussurrata e rassegnata.
Evidente da parte dello stesso regista, l’attenzione al soma, in
particolare alla disposizione corporea dei due protagonisti. In un
flusso ininterrotto di prossimità e distanziamento, assecondando
l’emotività della partitura, i due attori utilizzano efficacemente la
totalità dello spazio scenico aggiungendo dinamismo e tridimensionalità
alla loro performance.
Apprezzabile l’equilibrio e la ripartizione della scrittura dove la
semplicità ed eleganza del corpo drammaturgico
celano e dischiudono antefatti e sospesi, ricalcando di fatto l’umana
natura, sempre più complessa rispetto alla realtà manifesta. Il
ripetuto avvicendarsi narrativo di improvvisi crolli di certezze
acquisite in nome di altre erette sulle ceneri di queste, pur speziando
la piéce ha rischiato, tuttavia, di sovraccaricare oltremodo la
linearità del testo compromettendo, a tratti, l’immediatezza dello
stesso.
Ben integrata e decisamente all’altezza dello spessore della
drammaturgia, la prova attoriale dei due protagonisti. Questi, anche se
non esenti da lievi e comprensibili colature, in termini di
caricaturizzazione eccessiva e immedesimazione dei loro personaggi,
imprimono espressività e ritmo costante alla recitazione raccontando
efficacemente le polifonie della natura umana.
Il disegno luci di Dario
Germani, affiancandosi alla tonalità dei passaggi narrattivi, ne
accompagna gli accenti e le vibrazioni.
Arginare l’immediatamente visibile per contattare la storia sommersa da
cui scaturiscono le umane azioni sembra essere il prezioso invito
implicito proposto dal regista, laddove affrettato e sterile
risulterebbe il facile esercizio di colpevolizzare ed assolvere.
Significativa risposta del pubblico i cui applausi risuonano con la
commozione degli attori la cui emotività, oltrepassando la contingenza
della prima, ci parla di sacrificio e speranza.
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